La statua di Alessandro VI all’Annunziata e il p. generale Alabanti nelle guerre d’Italia
“Inopinatus” ... con questa parola, traducibile facilmente in volgare (inopinato), inizia il capitolo XVII degli Annali dei Servi di Maria all’anno 1494, ricordando quando Carlo VIII re dei francesi discese in Italia, inaspettato e primo di altri invasori, iniziando una serie di guerre, ladrocini e miseria occultati spesso e volentieri dal suono altisonante della parola “libertà”.
I regnanti delle Signorie italiche, nemici tra loro e fin troppo spregiudicati, reagirono come poterono o secondo i loro interessi.
Così il testo degli Annali (I, 629 ss., traduzione letterale – o quasi – mia):
“L’arrivo inopinato di Carlo VIII re dei Francesi con i soldati in armi riempì tutti di timore in Italia, appena si scoprì che aveva mosso il piede ai confini [3 settembre 1494]. Infatti l’ardito e glorioso giovane, che bramava sommamente la lode bellica, fu allora, dagli ingannevoli consigli di Ludovico Sforza (il Moro, † 1508], incitato a impadronirsi del Regno di Napoli, mentre dall’altra parte gli Aragonesi, per proteggere sé stessi e il loro dominio dall’attacco di Carlo, avevano unito un doppio esercito e con le armi mettevano sotto sopra ogni cosa per terra e per mare.
Nel tempo dunque in cui tutta l’Italia era presa nella servitù della guerra e le strade non erano sicure da assassini e briganti, fu necessario in quest’anno 1494 che il Capitolo generale [dei frati] fosse sospeso, e in suo luogo vi fossero cose private.
La riunione dei Padri si tenne nel mese di aprile a Bologna, ed era così dal tempo, come si diceva, furono completati i Capitoli dei riformati.
Anche papa Alessandro [VI, Borgia, † 1503], spaventato a tal punto dallo sconvolgimento, vedendo il pericolo che lo minacciava dall’arrivo nel Regno di Napoli di un re così precipitoso, e che non poteva in alcun modo evitarsi, con prudenza umana e padrone dell’esercito, fortificò la mole di Adriano [Castel Sant’Angelo] e cercò il rifugio anche nel divino, confidando nella protezione della Madre di Dio.
Onde, fatto voto, ordinò che la sua statua fosse posta nel tempio della SS. Annunziata dì Firenze. Leggiamo che questa fu elaborata con mirabile artificio secondo il modello dal vivo di Alessandro e fu con solenne sfarzo e suono di trombe (poiché ci si riteneva onorati nell’uso di ricevere voti di questo genere) tirata su dai Padri e esposta in un posto visibile.
In essa appariva come di Alessandro si preferissero l’eleganza della forma, la fronte ampia, il regale sopracciglio, il volto nobile e la dignità di tutto il corpo dell’eroe.
Nel frattempo, all’arrivo del 1495, non si si fermarono i Padri della Congregazione [dell’Osservanza dei Servi di Maria, movimento interno riformatore], in quanto tennero il loro Capitoo in luogo sicuro, nel monastero della Giudecca di Venezia, dove elessero Filippo Cavazza [† 1501] loro Vicario.
E anche Girolamo dei Franceschi veneto, quando fu sciolto dalla sua carica [di Vicario dell’Osservanza], chiamato a Roma da Alessandro VI, per le sue virtù e per l’integrità dei suoi costumi [nel 1496], ivi fu creato vescovo di Coronea [in Grecia], sotto il patronato di Giovanni il Protettore, che lo stimò moltissimo.
Nel frattempo il P. Antonio Generale [Alabanti junior da Bologna, già priore della SS. Annunziata nel 1477-1485] che, non trovando facile visitare le Province coinvolte nelle guerre e nelle sconfitte, non aveva nominato Vicari per la retta amministrazione dell’Ordine in ciascuna proprio di quelle Province dove si trovavano gli eserciti e specialmente in Toscana, costituì maestro Niccolò da Cortona suo Vicario.
Egli stesso in verità si era ritirato tra gli Insubri [nel ducato di Milano] e tra gli Allobrogi [nel Delfinato di Savoia] con lo scopo di occuparsi di diffondere sempre più la religione in quelle parti e, con lo stesso zelo con cui prima si era trasferito in Germania, ora si accingeva a compiere grandi viaggi fino a Parigi per ricondurre gli apostati francesi all’obbedienza dell’Ordine [i Servi teologi di Parigi pare si fossero separati dal 1378].
Tuttavia non desistette di aver cura di coloro che suggerivano l’opportunità tra gli Insubri di rinnovare l’amicizia e l’alleanza con i primari dei Medici e in particolare tra Piero di Lorenzo [cacciato da Firenze il 9 novembre 1494] e i duchi Sforza Giovanni Galeazzo e Lodovico, al fine di preservare la pace d’Italia.
Ma per altri, la cosa eccezionale di lui era la magnanimità del cuore: che quando gli indiani furono scoperti da Cristoforo Colombo e quando Alessandro inviò il nuovo pastore e apostolo delle Indie, D. Bueil catalano [Bernal Boyl benedettino, 1493] con dodici compagni a predicare il Vangelo di Cristo, e scelse uomini dotti dagli Ordini religiosi per accompagnarlo, anche Antonio, non dimentico del Beato Filppo che, al tempo di Clemente IV, cogliendo la stessa occasione, portò l’Ordine dei Servi agli Orientali, generoso imitatore e emulo, avuta l’opportunità, studiò di inviare gli uomini eccellenti del suo Ordine a predicare la Parola divina, affinché si estendesse anche attraverso quelle sponde occidentali.
Tutto ciò abbatté il generoso Generale per il frequente pensare e, non so per quale presagio avverso e per nostra pesante iattura, dopo undici anni e mezzo e quattordici giorni di ottimo governo, l’8 dicembre 1495, tra Vigevano e Milano, che attraversava, fu preso da improvvisa malattia e purtroppo travolto da morte improvvisa in un ospedale straniero.
Dunque non troverete nessuno che dopo il Beato Filippo e fino a questi tempi sia stato pari al Generale Antonio quando fu sorpreso da un evento così disastroso mentre svolgeva il suo ufficio; e non c’è nemmeno uno dei nostri scrittori che non lo esalti con meravigliose lodi e nemmeno uno che lo biasimi.
E ci sia lecito essere gli ultimi a pronunciare un giudizio su Alabanti per quanto abbiamo dedotto finora. Era dotato della più alta scienza, adorno di incredibile prudenza, vigile e sollecito, vigoroso nello spirito, ma nel curare, confortare e ampliare la Religione, a nessuno era secondo, io credo”.
Paola Ircani Menichini, 22 settembre 2023.
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